mercoledì 7 ottobre 2009

Libertà di stampa: 3 euro a pezzo


Oggi si parla della libertà di stampa, ma siamo sicuri che a limitare la libertà di conoscere i fatti siano esclusivamente le, pur ingombranti, pressioni di politici e industrie?

Un aspetto di cui nessuno parla e che sta lentamente soffocando il giornalismo italiano è il fenomeno dello sfruttamento sconsiderato dei giovani giornalisti. L’editoria italiana è in mano a editori cinici che puntano a guadagnare il massimo possibile con la minima spesa e penne vecchie, veterani del giornalismo hanno accumulato benefici e prestigio che non sono disposti a spartire con nessuno. Tantomeno con i giovani. Per farsi un’idea di ciò di cui stiamo parlando la maggior parte dei collaboratori di tutte le testate sono pagati dai tre euro ai sette ad articolo.
Tre euro ad articolo! Non so se mi spiego. Questo fatto a dir poco increscioso sta avendo l’effetto di una vera pestilenza sul giornalismo nostrano senza che nessuno apra bocca.
Per riuscire ad arrivare a una pagamento non deprimente il giovane giornalista è costretto a scrivere moltissimi articoli, buttandoli giù in modo frettoloso e superficiale. Per fare un articolo di inchiesta è necessario recarsi sul luogo e fare diverse telefonate. È logico che spendere soldi in benzina o nel telefono comporterebbe una spesa maggiore del prezzo pagato per un articolo e quindi il giornalista ci rimetterebbe. Allora, legittimamente, non lo fa. In questa allucinante condizione vive la maggior parte dei giornalisti della nuova generazione in tutti i quotidiani locali e non solo. Più i quotidiani sono “prestigiosi” meno pagano. Il giovane giornalista dovrebbe ritenersi soddisfatto di vedere il proprio articolo pubblicato e basta. Se non gli va bene lo sostituiscono. Questa precarietà dura per anni e spesso è destinata a rimanere tale per sempre.
Le testate “prestigiose” credono di essere scaltre trovando lavoro a buon mercato, ma dove andrà a finire il loro “prestigio” quando si accorgeranno di pubblicare solo articoli raffazzonati?
Un esercito di supreprecari del giornalismo che si immolano per pochi euro guidati solo dalla passione e continuamente sviliti economicamente, pagati meno delle donne delle pulizie che puliscono la redazione per cui lavorano, ma che senso ha?


PS: Io fortunatamente sono estraneo a questo tipo di collaborazioni, dico questo solo per sottolineare che il mio non vuole essere uno sfogo personale, ma una discussione su un malcostume nostrano da combattere.

1 commento:

  1. Ciao, mi chiamo Guido Mastrobuono e sono un cacciatore di articoli per un concorso che si chiama “Concorso Permanente di Parole ed Immagini” e mette a confronto articoli che stimolino una discussione in ambito folisofico, sociale o politico (vedi l’indirizzo http://lavoristi.ning.com/profiles/blogs/concorso-permanente-di-parole).

    A mio avviso, questo articolo arricchirebbe il nostro concorso e volevo suggerirti di inserirlo.

    Il concorso, in realtà, è una scusa per convincere la gente a metterci a disposizione spunti per la discussione. Noi poi ne parliamo e ci creiamo un’idea nostra sui più svariati argomenti.
    Infatti, la concorrenza tra autori non è una cosa che ci appartiene: noi creiamo nella collaborazione. E dal confronto con gli altri, noi aumentiamo il nostro sapere.
    Comunque la pubblicazione offerta in premio ai vincenti è vera ed effettiva.

    Se lo vorrai, potrai tranquillamente inserire, al piede degli articoli un link al tuo blog cosa che lo renderà più noto e facilmente raggiungibile.

    Un saluto

    Guido Mastrobuono

    RispondiElimina