venerdì 29 gennaio 2010

Il complesso dell’uomo di sinistra





“Siamo contro il governo Berlusconi, ma non siamo né di sinistra, né di destra”. Frasi come questa si ripetono sempre più spesso a manifestazioni e dibattiti. Nuovi gruppi politici come i viola, i grillini ecc. le ripetono continuamente, ma perché una persona che è contro un governo dove sono rappresentati tutti i partiti di destra deve dire di essere contro di loro, ma non dall’altra parte? Perché l’uomo di sinistra ha paura a dire che è di sinistra?

Sono due fattori che hanno concorso a creare questa “vergogna”:
Il primo l’effetto “comunisti!”. Berlusconi a furia di usare come insulto la parola “comunisti!” è riuscito nell’intento di far vergognare gli ex-comunisti del loro passato seppellendo con un colpo di spugna mediatico tutta la storia del Partito Comunista Italiano da Gramsci a Berlinguer, che nessun politico ormai ricorda più pubblicamente molto volentieri.

Il secondo è la sfiducia nella sinistra per la poca incisività della sua opposizione, i litigi e le scissioni, insomma le arcinote problematiche della crisi della sinistra che hanno reso anche i propri elettori timorosi di esporsi. Una volta era chi votava Berlusconi a non dichiararlo in pubblico, oggi è chi vota il Pd a non ammetterlo?

Il risultato è che l’uomo di sinistra oggi dopo aver insultato i rappresentati di destra aggiunge un “ma anche” per elencare i difetti del Pd piuttosto che dell’IdV o delle Rifondazioni. Invece, fateci caso, non sentirete mai un uomo di destra dire “ma anche”.

Se una volta si parlava di maggioranza silenziosa, oggi è nata la minoranza silenziosa.

domenica 24 gennaio 2010

Peggio la pezza del buco (Incredibili strafalcioni nel sito del Ministrero: parte 2)


La lunga mano del Ministero del Turismo è finalmente riuscita nell’arduo compito di ricollocare Ravenna nel suo secolo, dopo le numerose segnalazioni. L’errore del sito da oltre 55 milioni di euro (giunti dai due governi Berlusconi) poteva essere evitato facilmente. Non dico che dovessero aprire un libro, ma almeno leggere la pagina di Ravenna su wikipedia!

Ma guai ad essere precisi. L’errore è stato corretto (o meglio è stata tolta la descrizione di Ravenna… per sicurezza). Scarsa però la perspicacia del Ministero che ha prontamente lasciato l’errore in tutte la altre lingue: in inglese, francese, tedesco e spagnolo!!

Nel cuore dei turisti stranieri Ravenna resterà sempre la splendida capitale barocca del 1600 che tutti noi impareremo a conoscere.

PS vi allego l’immagine dell’errore prima della correzione per constatarlo coi vostri occhi la parte che riguarda Ravenna è nella seconda parte.

PPS Caro Ministro Brambilla se sta leggendo le consiglio due cose: 1 correzione altre lingue, 2 dimissioni. Grazie e viva l’Itaglia!

venerdì 22 gennaio 2010

Incredibili strafalcioni nel sito del Ministero



“Ravenna, la città dei mosaici. I capolavori di questa città sono un esempio della magnificenza acquisita nel ‘600, periodo in cui la città ha svolto il ruolo di capitale. Tra questi ricordiamo la Basilica Barocca di S. Apollinare Nuovo, il gotico Mausoleo di Teodorico”.
No, non si tratta di un tema di un ignorante bambino delle elementari, ma del sito del Ministero del Turismo Italiano (italia.it) consultabile da tutto il mondo e costato nientemeno che 45 milioni di euro pubblici elargiti dallo scorso governo Berlusconi nel 2004, passato sotto silenzio con il governo Prodi e tornato in grande spolvero con la Ministra Brambilla che ci ha investito altri 9 milioni di euro. Tutti questi soldi per arrivare al risultato di spostare Ravenna nel tempo di 1.200 anni, da epoca bizantina, nel 400 (senza apostrofo!), al 1600, e confondere i suoi mosaici famosi nel mondo e simbolo dell’architettura paleocristiana diventare barocchi e gotici nel sito che dovrebbe proprio promuove questa immagine nel mondo. Un’altra bella figura.

Lo strafalcione è consultabile su
http://www.italia.it/it/le-regioni/emilia-romagna.html

lunedì 18 gennaio 2010

Scuola: i banchi dei bianchi



Dopo il tetto del 30% suggerito dalla Gelmini come massimo percentuale degli studenti stranieri nelle classi proponiamo al ministro altre norme per rendere più ardite e italiche le scuole dell’Impero romano.

SCUOLA CROMATICA: alunni neri saranno relegati in fondo all’aula in appositi banchi ad incudine. Si andrà scemando dalle prime file con i biondi e, via via, meridionali dai capelli scuri, pelle marroncina-olivastra. Sul fondo i neri, possibilmente dietro una lavagna.

INTERVALLO PRODUTTIVO: Durante l’intervallo, anziché perdere tempo mangiando merendine o facendo pipì gli studenti immigrati potranno accedere all’ora produttiva di lavori forzati nell’aula predisposta sotto la scuola spalando carbone nelle caldaie così da ottimizzare le spese delle strutture scolastiche creando un valido sistema di riscaldamento e illuminazione alternativo per una scuola finalmente autonoma e federale.

SCUOLA BIANCA: La scuola con gli alunni più bianchi vincerà un incentivo statale come “premio pulizia”.

BANANA: Le maestre delle elementari avranno un cespo di banane sulla cattedra che daranno in premio agli studenti africani che impareranno più in fretta a non lamentarsi quando subiscono soprusi.

VINCI UNA VACANZA: I 5 studenti stranieri più meritevoli di ogni scuola vinceranno un biglietto aereo per il proprio paese d’origine. Solo andata.

UNA SCUOLA NON RAZZISTA: “Con queste semplici norme le nostre scuole potranno essere finalmente baluardo europeo dell’integrazione sociale” ha dichiarato il sottosegretario al ministero dell’istruzione Galeazzo Ciano.

mercoledì 13 gennaio 2010

Regole Governative su Come Evitare un altro No-B Day con il Bavaglio Informatico



In silenzio ma è partita. La manovra per evitare altri No-B Day e movimenti di dissidenti potenzialmente “pericolosi” che potrebbero destabilizzare l’ordine costituito è già in mezzo a noi.
Ha un nome innocuo, un numero articolo 50-bis del Ddl 733, ovvero del pacchetto sicurezza, ed è già stato approvato. Sul testo del Ddl leggiamo che per “attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine”. Ora potrebbe seguirlo un ulteriore provvedimento ancora più esplicito, motivato dall’effetto “statuetta del duomo”, anche se con la rete ha ben poco a che spartire.

Così, mentre Google minaccia di boicottare le censure (sempre più gravose) del governo Cinese e la Francia approva uno dei provvedimenti più duri contro la pirateria, con multe fino a 25 mila euro, l’Italia punta a limitare la libertà di espressione. Facebook e alcuni blog, tra cui quello di Grillo, che è il più visitato dello stivale, sono al centro del mirino.

Fortunatamente i “tecnici” del Governo sono degli incompetenti (lo si evince anche da come usano goffamente la terminologia tecnica) e non sanno che la rete non è imbrigliabile. Possono limitare Facebook, possono sorvegliare Blogger o Wordpress, ma come ucciso Napster è nato E-mule e dopo E-mule i torrent nasceranno siti sempre più incontrollabili e imprevedibili, perchè internet è come un fiume inarrestabile, trova sempre un’altra strada per arrivare al mare.

lunedì 11 gennaio 2010

Il premier si sospende dal suon incarico!

Dopo lo scandalo sessuale ha deciso di rimettersi nelle mani della giustizia finchè i giudici non abbiano dato un verdetto sulle sue responsabilità poliche e giuridiche... (il premier è Peter Robinson, siamo in Irlanda del Nord)

sabato 9 gennaio 2010

Una questione di carta

I prezzi dei quotidiani, in risposta alla crisi dell'editoria, continuano a salire. Dopo la Stampa, il Giornale, Libero, il Resto del Carlino ora a salire a 1 euro e 20 è il primo giornale d'Italia: il Corriere della Sera.

Non tutti sono stati però d'accordo a far salire il prezzo del quotidiano e alcuni ci hanno visto solo una speculazione. Tra questi due prestigiose firme del Corriere come Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che hanno scritto una lettera aperta al direttore che si concludeva così: "Siamo costretti ad aumentare del 20% il prezzo del Corriere appellandoci al mercato e alla comprensione dei lettori? Bene, è l’occasione giusta per rinunciare parallelamente una buona volta al 4,4 per mille dei nostri ricavi: gli ultimi residui dei contributi e delle agevolazioni pubbliche. Certo, i contributi veri alla stampa indipendente sono finiti già nel 2006, con l’esaurimento delle agevolazioni per la carta, e sopravvivono solo sussidi che riguardano le tariffe telefoniche e facilitazioni del tutto secondarie. Come i sussidi per le vendite all’estero, vendite perseguite nonostante sia un gioco a perdere in nome della necessità di consentire a tanti italiani che vivono o viaggiano in Paesi extraeuropei di mantenere un legame con l’Italia.

Ci sono le agevolazioni postali, è vero. Ma meritano un discorso a parte, perché sono un’anomalia nell’anomalia: lo Stato le riconosce infatti, con pelosa e ipocrita generosità, perché vuole tenersi stretto, per motivi squisitamente politici e clientelari, il «monopolio» delle Poste. Vogliamo scommettere che in un regime di concorrenza vera i giornali, senza più alcun «favore», ci guadagnerebbero sia sul piano economico sia nella puntualità delle consegne? All’estero funziona così. Lo Stato abolisca il «monopolio», abolisca le tariffe agevolate e vedremo se i giornali più sani non ci guadagneranno. Noi, ne siamo certi, stapperemmo una bottiglia.

Bene, al netto di quella voce postale ci risulta che Rcs quotidiani abbia ricevuto dallo Stato nel 2008 contributi e agevolazioni per 2,9 milioni, che scenderebbero quest’anno a 2,4 milioni. Stiamo parlando del 4,4 per mille (per mille!) del fatturato della Rcs Quotidiani, ovvero l’uno per mille (per mille!) dell’intero fatturato della Rcs Mediagroup. Niente a che vedere con i sussidi destinati a giornali concorrenti che accedono a contributi di vario genere facendo lo slalom in mezzo a norme confuse e anacronistiche che partono dalla famigerata legge 250 del 1990, quella per la stampa di partito.

C’è chi, magari facendo prediche sugli sprechi, incassa dallo Stato sotto varie forme di aiuti (che il Corriere non si è mai sognato non solo di avere ma men che meno di invocare) il 10 per cento del fatturato, chi il 16,3 per cento, chi addirittura il 20 per cento. Chiudiamola lì almeno noi, con quello 0,4 per cento e non se ne parli più. E potremo finalmente spazzare via tutte quelle chiacchiere pretestuose di chi, in perfetta malafede, vorrebbe lasciare le cose così come stanno con quegli «aiutini» a doppio taglio proprio per potere starnazzare di fantomatici e faraonici «soldi dello Stato» dati a chi preferirebbe di gran lunga regole chiare, patti chiari, concorrenza chiara. E vinca il migliore. Insomma, direttore, restiamo dell’idea che sarebbe stato meglio aspettare ad aumentare il prezzo del Corriere. E siamo consapevoli che ormai, fatto il passo, è difficile fare retromarcia. Ma un segnale, ai nostri lettori, glielo dobbiamo. Che sia la volta buona?"